Aggiornamento del 22 dicembre
Negli Stati Uniti, il quadro macro ha rafforzato le aspettative
di un ulteriore allentamento monetario da parte della FED nel 2026: le attese degli investitori proiettano infatti una probabilità intorno al 90% di un primo taglio nel corso della riunione di aprile. I dati sul mercato del lavoro hanno mostrato segnali di progressivo raffreddamento, con una revisione al ribasso complessiva di 41 mila unità dei Nonfarm Payrolls di ottobre e novembre e un tasso di disoccupazione salito al 4,6%. A questi segnali si è aggiunta l’inflazione di novembre, soggetta questa volta a possibili errori di stima, più debole delle attese, con l’indice headline sceso al 2,7% annuo e il core al 2,6%.
In Europa, la BCE ha confermato un approccio improntato alla prudenza e alla dipendenza dai dati, ribadendo che il livello attuale dei tassi resta adeguato. Le ultime proiezioni elaborate dagli esperti dell’Eurosistema indicano un’inflazione complessiva pari in media al 2,1% nel 2025, all’1,9% nel 2026, all’1,8% nel 2027 e al 2,0% nel 2028. L’inflazione al netto della componente energetica e alimentare si porterebbe in media al 2,4% nel 2025, al 2,2% nel 2026, all’1,9% nel 2027 e al 2,0% nel 2028. La crescita economica dovrebbe essere più sostenuta rispetto alle proiezioni di settembre, trainata in particolare dalla domanda interna. A seguito di una sua revisione al rialzo, si collocherebbe all’1,4% nel 2025, all’1,2% nel 2026 e all’1,4% nel 2027, livello sul quale dovrebbe mantenersi nel 2028.
L’assenza di pressioni inflazionistiche rilevanti e l’enfasi posta da Christine Lagarde sui rischi legati all’elevata incertezza hanno contribuito a ridimensionare le aspettative di un orientamento più restrittivo, emerse la settimana precedente dopo i commenti di Isabel Schnabel.
Nel Regno Unito, la Bank of England ha tagliato i tassi di 25 punti base con una decisione fortemente divisiva all’interno del consiglio, riflesso di un contesto macro ancora fragile. Questo quadro continua a sostenere le aspettative di ulteriori tagli nel 2026, rendendo la BoE una potenziale eccezione in un contesto europeo ormai vicino alla fine del ciclo di easing.
Infine, in Giappone, la decisione della Bank of Japan di alzare i tassi rappresenta un segnale simbolicamente rilevante, confermando il graduale superamento di una politica monetaria ultra-accomodante e chiudendo una settimana che ha ulteriormente evidenziato la crescente divergenza delle politiche monetarie a livello globale.
In America, la reazione dei mercati obbligazionari
è stata coerente, con un bull steepening della curva dei Treasury, guidato prevalentemente dalla discesa dei tassi a breve più che da una risalita delle scadenze più lunghe. In Europa i toni BCE percepiti come meno hawkish, hanno portato i rendimenti a breve leggermente al di sotto dei livelli della settimana precedente. Al contrario, il tratto lungo della curva ha visto i rendimenti proseguire il movimento al rialzo con il decennale tedesco al 2,89% e il BTP a 3,58%.
Nel corso dell’ultima settimana i mercati azionari
hanno registrato rialzi su entrambe le sponde dell’Atlantico. Negli Stati Uniti la performance dei listini è stata sostenuta dal rimbalzo del comparto tech legato all’AI nella parte finale della settimana. È proseguita la rotazione settoriale, con la buona performance dei settori consumer discretional e real estate in un contesto di volatilità ancora contenuta e senza segnali di inversione del trend, ma con maggiore dispersione tra settori e titoli.
In Europa, la performance è stata più robusta, con lo STOXX 600 in rialzo dell’1,6% settimanale, trainato da settori value e difensivi come banche, utilities, energia e sanità . Le indicazioni di pausa da parte della BCE e la cautela delle banche centrali hanno fornito supporto.
A cura della Direzione Investimenti di Sella SGR